COME NASCE UN PRODOTTO UNICO AL MONDO
La cottura del mosto d’uva era praticata già nell’epoca romana e ne parlavano Cicerone, Plinio e Virgilio. Il risultato della riduzione del mosto si chiamava Sapum e si utilizzava per condire, dolcificare e anche come antivirale e antibatterico.
Intorno all’anno Mille, Modena comincia a farsi conoscere come patria della produzione di quello che Bonifacio, padre di Matilde di Canossa, definì come “Aceto Perfettissimo”. Ne donò infatti una preziosa boccetta all’imperatore Romano Enrico III di Franconia di passaggio in Pianura Padana.
Ancora 200 anni e si comincia a parlare di arte coltivata anche alla corte degli Estensi di Modena, ma è circa un mezzo secolo dopo che appare l’appellativo di “Balsamico” e si cominciano a distinguere due tipi di aceto, il mezzo balsamico, che corrisponde all’attuale Aceto Balsamico e il balsamico fine, che corrisponde all’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena DOP, per intenderci quello invecchiato almeno 12 anni.
Il XIX secolo è il periodo dell’apprezzamento in campo internazionale e si decide di cominciare a codificare i vari processi di produzione. Nel 1933 arriva il primo atto ufficiale dal Ministro dell’Agricoltura che riconosce la “secolare e caratteristica industria dell’Aceto Balsamico del Modenese”. Trent’anni più tardi viene pubblicato un disciplinare relativo alle “Caratteristiche di composizione e modalità di preparazione dell’Aceto Balsamico di Modena” che verrà migliorato dai produttori riuniti nel 1994 per tutelare il corretto uso della denominazione Aceto Balsamico di Modena al commercio e al consumo.
Ultima tappa di un lunghissimo percorso è il 2009 anno in cui la Commissione Europea inserisce la denominazione Aceto Balsamico di Modena nel registro delle produzioni.
LE PROCEDURE ANTICHE
La produzione dell’Aceto Balsamico di Modena (ABM) IGP
inizia con la scelta delle uve, sia bianche che nere, selezionate per poter dare al prodotto il profumo caratteristico, tra cui il Lambrusco di Sorbara e Salamino di Santa Croce, il Trebbiano, il Sangiovese e l’Albana.
Dopo alcuni giorni di posa si procede alla delicata fase della cottura del mosto che in poche ore, si sterilizza e vede raddoppiata la sua concentrazione zuccherina tanto da poter accogliere i lieviti o “colonie batteriche selezionate” che attivano la fermentazione. Prima di questa fase, detta anche di acetificazione, vengono aggiunti percentuali di aceto di vino e di aceto invecchiato almeno 10 anni con controlli scrupolosi sull’acidità e il colore.
Il processo prosegue con l’affinamento in grandi botti o barili (chiamate anche Badesse) di legni pregiati (rovere, castagno, quercia, gelso e ginepro) per un minimo di 60 giorni che si può prolungare per più di 3 anni conferendo al prodotto, l’aggettivo di “invecchiato”.
Ulteriori analisi eseguite da esperti, concludono il percorso di produzione e consentono la certificazione di Aceto Balsamico di Modena IGP in quanto possiede il vincolo di produzione esclusivamente ristretto alle Province di Modena e Reggio Emilia.
UVA, SAPIENZA E PAZIENZA
La produzione dell’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena (ABTM) DOP
segue la procedura di cottura del mosto come per l’ABM (Aceto Balsamico di Modena) e prosegue con la fase di invecchiamento che, in questo caso, avviene in una serie di botticelle di dimensione decrescente necessaria per compiere i travasi annuali. Si tratta di operazioni delicate che richiedono molta competenza e pazienza e consistono nel riportare al livello originale il liquido delle botticelle per compensare il calo dovuto all’evaporazione e al prelievo dell’aceto finito. Dalla botticella più piccola infatti si preleva il prezioso prodotto che, dopo il sapiente processo d’invecchiamento durato almeno 12 anni potrà chiamarsi Tradizionale. L’attesa paziente, che può durare anche 25 anni o più, e la scelta di legni diversi per le botticelle, gli conferiscono una serie di caratteristiche che fanno dell’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena il prodotto prezioso che è.
Abbiamo selezionato per voi:
PERCHÉ SOLO A MODENA?
L’ubicazione storica e ottimale per il “Balsamico Tradizionale” è nei sottotetti delle case delle campagne modenesi, luoghi maggiormente esposti a forti escursioni termiche. Il clima della Pianura Padana infatti comporta rigidi inverni che favoriscono la decantazione e torride estati che agevolano nei tempi la fermentazione e l’evaporazione.